Ultimamente le notizie riportate dalle testate giornalistiche di tutto il paese sono terrificanti, omicidi, stupri, violenze di ogni genere e grado, una sequela di cose orribili che sembrano usciti da un film dell’horror. Una delle ultime notizie, vede un giovane, di appena 17 anni sterminare tutta la famiglia, un’altra ragazza accoltellata senza motivo da uno sconosciuto mentre passeggiava pochi giorni prima. Cosa sta succedendo? Riporto un breve stralcio tratto da un articolo de “Il Corriere della Sera”:
“Strage di Paderno Dugnano, le parole di Riccardo il giovane diciassettenne: “In casa mi sentivo un corpo estraneo, provavo un malessere. Ci pensavo da un po’ “la confessione rilasciata dal ragazzo è scioccante, soprattutto quando dice di aver accoltellato cercando punti vitali per uccidere in fretta, perché non voleva che i suoi famigliari soffrissero troppo. Lo psicologo ovviamente dice il giusto quando parla di “segnali” che sicuramente nessuno ha visto e che avrebbero potuto aiutare i genitori a prevenire, ma come può un genitore, ignaro, vederli se non li conosce? Nessuno nasce con nozioni da psicoterapeuta. Secondo me bisogna fare un passo indietro, andare ancora più indietro, a quando i ragazzi sono ancora piccoli, e iniziare sin da subito ad istruirli nel modo giusto per fare in modo che quei segnali non abbiano ragione di esistere. Ma qual è il modo giusto e c’è un modo corretto di educare che permetta di evitare tali tragedie, e ancor più importante, evitare che un giovane si senta così disperato da uccidere la sua stessa famiglia? Possibile che una coppia di giovani genitori non abbiano fatto di tutto per educare il proprio figlio nel migliore dei modi, secondo le possibilità personali è ovvio? Io credo di sì, credo che abbiano fatto tutto il possibile certo, e credo anche che nel loro modo di educare il figlio sia mancato qualcosa che ignoravano, e che quindi non potevano trasmettere.
Come si arriva ad una tragedia simile e come è possibile che un ragazzo di diciassette anni arrivi a tanto. Un figlio, dovrebbe sentirsi a proprio agio in famiglia, sentirsi amato, compreso, supportato. Queste dovrebbero essere le basi per ogni famiglia che si ritenga tale. Ciò che si evince invece da questa tragica vicenda e da tante altre simili è la storia di un figlio che non sente di avere un suo posto, una sua collocazione in famiglia, che finisce a lungo andare, di desiderare di vivere addirittura da solo piuttosto che continuare a stare in famiglia, perché sente il bisogno di stare lontano da quelle figure che percepisce come estranee, che viceversa dovrebbero essere i suoi punti di riferimento sia a livello educativo che sentimentale. Come si arriva a questo punto di rottura? A mio avviso sono molte le possibili sensazioni che possono portare una persona a pensarla così: solitudine, disperazione, emarginazione, incomprensione, tradimento, ma tutte portano ad un’unica costante che nessuno può sopportare a lungo, la sofferenza. La sofferenza di un figlio che non manifesta apertamente il suo disagio e che prende di sorpresa tutti con azioni al di fuori di ogni ragionevolezza è un film che abbiamo già visto, molte volte, non solo qui in Italia ma in ogni parte del mondo, ormai famose sono le stragi commesse da adolescenti che si armano di mitra e fanno strage dei compagni e insegnanti a scuola. È ora che se ne prenda atto e che si cominci a fare le domande giuste, senza paura che qualcuno si offenda o si senta preso in causa. Ovviamente non sono qui a fare il processo alle intenzioni, desidero solo fare chiarezza su alcuni punti che, secondo la mia esperienza, anche personale, ritengo importanti.
Quindi, tornando alla prima domanda che ho formulato in apertura del podcast: cosa è che manca, cosa è mancato nell’educazione impartita dai genitori, dalla scuola, dalla società, che non ha permesso a quel ragazzo come a tanti altri che hanno commesso azioni simili, di mediare ragionevolmente tra un atto estremo così tragico, e un ragionevole sfogo di apertura e condivisione della propria sofferenza con chiunque, fosse anche solo un amico, che l’aiutasse a comprendere e a superare un qualsiasi problema esistenziale? Una tragica realtà questa che dovrebbe allarmarci, nascosta agli occhi di chi non si aspetta comportamenti così estremi, ma che di fatto, accadono. Persone apparentemente tranquille e tra virgolette, “normali”, almeno è ciò che vedono superficialmente tutti, che ad un certo punto commettono atti atroci. Spetta certo agli esperti dell’educazione e del comportamento comprendere il perché di tale mancanza, ma a mio avviso dovremmo tenerne conto anche tutti noi, perché anche noi possiamo fare qualcosa. Ad esempio iniziando a prendere in considerazione questa anomalia apparentemente nascosta all’interno del processo di educazione, un aspetto che però sta diventando periodicamente sempre più presente sulle pagine dei giornali di tutto il mondo, a vari livelli di gravità, e che tocca da vicino ogni famiglia che voglia avere la certezza di tirare su i propri figli nel migliore dei modi, per il loro bene, per il loro futuro, o quantomeno desideri tenerli al sicuro, visto che neanche le scuole o le famiglie lo sono ormai.
Violenza in famiglia: l’indifferenza non è la soluzione
Fare finta di niente o non tenerne conto perché non ci riguarda da vicino, non è mai stato un atteggiamento corretto da adottare, vista la grande influenza e interconnessione che le vite di ognuno hanno sulle vite di tutti, sia a livello sociale, tecnologico, e direi globale. Una volta passeggiare di notte poteva essere un passatempo piacevole, oggi devi fare attenzione a dove vai, con chi vai e soprattutto a che ora lo fai. Insomma mi sembra di aver reso l’idea. Io non sono una persona timorosa, e nemmeno desidero fare allarmismo, ma certo non è saggio oggigiorno non tenere conto degli avvertimenti che si deducono dalle notizie di cronaca che mettono in risalto atti, fatti e comportamenti dei singoli che costituiscono anch’essi la nostra società. Ho sempre sostenuto, per fare un altro esempio che non è che per il solo motivo che si diventa biologicamente padri e madri, che poi si sia effettivamente in grado di espletare uno dei compiti più ardui che un uomo o una donna devono affrontare nella vita. Né tantomeno si può dare per scontato che un essere umano, figlio, si senta poi parte della famiglia, per il solo fatto che è nato dall’unione dei due, o semplicemente adottato. Ripeto, nessuno si senta preso in causa, i miei sono solo esempi a carattere generale estrapolati dal contesto sociale.
Ma tornando alla questione educazione figli io credo tutto orbiti intorno a come, e di cosa, viene nutrito il giovane in famiglia, nella scuola, nella società in genere. E non parlo ovviamente solo del nutrimento materiale costituito dal cibo. Nei miei podcast ricordo sempre che ogni essere umano è un universo a sé stante, e come ripeto sempre è unico e irripetibile, ogni individualità è unica. Ma anche se siamo diversi, abbiamo bisogni basilari molto simili e direi facilmente identificabili: abbiamo bisogno di amore, comprensione, supporto, condivisione, e bisogno di appartenenza. Questi elementi non devono mancare mai ad una giovane mente (e ad un giovane cuore), perché sono fondamentali per la crescita di chiunque, ad ogni livello. Un argomento che manca quasi totalmente nell’educazione Occidentale e che ritengo una mancanza importante, è quella legata alla spiritualità. Che non vuol dire seguire l’ora di religione a scuola (lezioni che peraltro tanti ormai scelgono di non seguire più). Cosa c’entra la spiritualità con questi tragici fatti? A mio avviso molto.
Nei miei vari podcast ho spesso detto che è fondamentale per un individuo che miri alla sua e all’altrui felicità, approfondire le tematiche riguardanti la spiritualità, importante per lo sviluppo e la comprensione della propria interiorità. Per iniziare un percorso di conoscenza sui concetti legati alla spiritualità, si parte sempre dalla conoscenza di sé stessi, di come si è fatti interiormente, dei meccanismi che ne influenzano il funzionamento, emotività, sentimenti, emozioni, pensieri ecc. per poi giungere alla conoscenza e comprensione di ciò che ci circonda e di cui facciamo tutti parte, il nostro prossimo ed il nostro ambiente fino ad allargare la conoscenza, ma oserei dire la percezione, di ciò che rappresenta il nostro ambiente per noi e la nostra vita. In parole povere e molto sinteticamente, si arriva alla comprensione che ognuno di noi vive su questo piano di esistenza per una ragione e che la vita non è casuale ma facente parte di un piano più grande e meraviglioso nella sua complessità e vastità che riguarda proprio l’aspetto spirituale dell’individuo. Ogni elemento di quest’elenco citato più sopra fa parte di una fase di apprendimento che può durare anche tutta la vita per chi voglia approfondire, ma la sola conoscenza di base sarebbe, per i giovani, sufficiente a sensibilizzarli verso una più grande comprensione dei meccanismi che regolano la vita, la loro vita. Si può iniziare dalle elementari introducendo principi complessi in chiave di favola, per poi avvicinarli sempre di più a quei meccanismi interiori che sono parte della loro natura di esseri umani così che imparino a conoscersi sin da subito, non solo fisicamente ma anche interiormente. Cosa sono le emozioni, come funzionano, a cosa sono legate e così via.
Poi allargare il discorso alla realtà che ci circonda, le sue implicazioni nella nostra vita, al legame che c’è tra esseri umani e natura, aiutandoli ad apprezzarla ed amarla, aiutandoli a comprendere l’importanza che ha per noi imparare a conoscerla con le sue leggi, e non parlo solo della forza di attrazione terrestre studiata a scuola, ma anche e soprattutto della legge di causa ed effetto, delle sue implicazioni nella vita di ognuno di noi, di quanto sia importante agire correttamente, del perché ogni azione personale abbia delle ricadute sull’ambiente e sulle persone, positive o negative a seconda di come si agisce, insomma, una serie di nozioni che sono a mio avviso non necessarie, ma indispensabili ad ogni essere umano che sta crescendo, in modo che impari e possa, attraverso la conoscenza, trovare il modo e il coraggio di aprirsi fiducioso agli altri quando ne ha bisogno, se non con i propri genitori, almeno con un amico, o un conoscente, insomma con qualcuno, in modo tale che possa essere aiutato a “digerire”, ogni aspetto difficile della sua crescita.
Questa parte di conoscenza, a mio avviso vitale, non viene presa in considerazione abbastanza, né da chi decide ciò che si studia, né da chi insegna, perché non può insegnare ciò che non ha appreso a sua volta. Qualcosina si studia in alcune materie, come in Filosofia, in alcuni periodi della vita, in alcuni corsi di studi, in qualche tipo di scuola superiore, all’Università, ma spesso sempre in modo nozionistico, lontano dal vero apprendimento e approfondimento esistenziale della spiritualità come elemento base dell’educazione ed evoluzione umana. Anche nella famiglia tradizionale avviene la stessa cosa, non certo per colpa dei genitori, che dal canto loro, fanno sempre il massimo per i propri figli, ci mancherebbe, almeno questo dovrebbe essere l’atteggiamento di genere, ma di fatto non possono insegnare ciò che non sanno, e allora chi, quanto, come, dove si parla di valori dello spirito al giovane? Escluse ovviamente quelle culture che per tradizione, inseriscono all’interno del percorso educativo e pedagogico, anche questo tipo di concetti, vedi la cultura orientale, da noi non c’è n’è traccia.
Consapevolezza giovanile: una questione di educazione
Questo non vuol dire che in Oriente non ci siano casi da cronaca nera certo, perché ce ne sono ovunque nel mondo, ma comunque i giovani orientali almeno hanno una visione più ampia, hanno la possibilità di poter attingere a quel tipo di conoscenze, perché gli insegnamenti spirituali fanno parte comunque della loro cultura. Poi dipende sempre dal singolo aderire o meno a tali principi. Quello che io credo fermamente e che conoscerli può essere un valido aiuto, anzi, un validissimo aiuto a mitigare quel senso di forte disagio che si prova altrimenti in loro assenza, quando si è giovani. In definitiva, manca la consapevolezza basilare, legata alla conoscenza della natura dell’essere umano che è anche spirito. È questa consapevolezza va coltivata e maturata lungo tutto l’arco della crescita di un individuo, perché in futuro, la possa tramandare alla propria prole. Non mi dilungherò in spiegazioni su cosa sia lo spirito qui, ma c’è un motivo per cui affermo sempre l’importanza della conoscenza della Via del risveglio, che è risveglio dello spirito, della coscienza, del desiderio di ricerca, e dell’amore che alberga in ogni cuore.
Leggendo le dichiarazioni degli assassini, perché di fatto questo sono, a prescindere dall’età, cosa si evince? Che sia il giovane 17enne di Paderno Dugnano che il trentenne che ha accoltellato a morte la ragazza non sanno esattamente per cui hanno compiuto quelle terribili azioni. È non stento a crederlo, non faccio fatica a credere che sia il primo che il secondo assassino non sappiano veramente per quale ragione l’hanno fatto, e se una ragione ce l’hanno, sembrano essere futili al confronto dell’azione estrema commessa. L’atto diventa molto più comprensibile se la mettiamo sotto la luce di una visione puramente spirituale, se si prende per assunto che ognuno di noi codifica la propria realtà attraverso pensieri che poi diventano modelli di pensiero che a sua volta si concretizzano poi in azioni che seguono quei modelli.
Queste persone non si conoscevano intimamente per quello che realmente sono, quindi non comprendendo il significato di cosa provassero, non potevano codificarne la natura, men che meno comprendere cosa significassero i sentimenti che provavano, ne deriva quindi una totale ignoranza di fondo. E se non si comprende il valore della propria vita, come si può comprendere e dare valore alla vita degli altri? Inoltre, tutti e due avevano un certo tipo di pensieri a cui non sapevano dare una collocazione nel quadro generale di ciò che provavano né sapevano collocarlo nel quadro generale della propria vita. Cosa è un pensiero, perché nasce, da dove nasce, quanto potere ha, e a che cosa serve, ma soprattutto, nel caso del giovane diciassettenne, perché fanno soffrire così tanto quei pensieri che spesso non ti abbandonano mai, e perché sono così assillanti tanto da farti sentire solo, incompreso, svuotato, anche se ti trovi in compagnia dei tuoi cari?
Non solo c’è bisogno di comprendere cosa è un pensiero e da cosa e perché nasce, ma anche e soprattutto quale significato hanno, è perché la sofferenza può produrre naturalmente pensieri negativi. Questo non vuol dire che si debbano seguire, assecondare, nella speranza che la sofferenza cessi. Imparare, conoscere, comprendere sé stessi, mette al riparo da illusioni che spesso, portano ad azioni fatalmente distruttive per sé stessi, ma soprattutto per gli altri. Non avere paura di domandarsi il perché della sofferenza? Perché la verità, spiacevole forse, ma pur sempre verità, è che anche la sofferenza ha una sua utilità nella vita di tutti, e anche se si è giovani, è importante imparare a comprenderla sin da subito, capire perché nasce, da dove nasce, per poi imparare ad affrontarla nel modo giusto quando arriva, imparare quindi ad aprirsi con gli altri, imparare a chiedere aiuto, imparare a parlarne, quando non riesce facile aprirsi. Questo tipo di educazione sarebbe lo scudo più efficace, contro questo tipo di eventi drammatici. Il Buddha, come semplice uomo ricercatore massimo di verità sul significato della vita, ci parla di quattro immancabili sofferenze che tutti, prima o poi, devono sopportare, nascita, vecchiaia, malattia, e morte. Quindi, perché non parlare ai nostri figli della sofferenza? Perché non permettere loro di capire da subito che la sofferenza esiste per un motivo ed è una cosa naturale e che fa parte della vita di tutti, di cui non dobbiamo aver paura? Se la conosci, la puoi affrontare, se la conosci, non ti coglie impreparato, ma solo se la conosci per quello che è, una funzione della vita.
Così facendo apprendi anche che la sofferenza non dura tutta la vita, arriva sempre il momento in cui la sofferenza cessa e al suo posto arrivano la comprensione, la presa di coscienza, la pace, e per i più dotati la saggezza. Verità che conosciamo in fondo tutti, ma guarda il caso, ce ne dimentichiamo puntualmente o le trascuriamo, anzi, facciamo finta che non esistano, e non le trasmettiamo ai nostri figli che si trovano completamente impreparati ad affrontare la vita, ancor più, la sofferenza che della vita fa parte. Il vero pericolo qui è l’ignoranza, perché è il non sapere che non permette ai nostri figli di difendersi quando la sofferenza arriva. Quando si verificano casi così terribili non si può continuare ad infilare la testa nella sabbia come gli struzzi, è molto meglio prendere coscienza del problema e porvi definitivamente rimedio ed il rimedio è solo e sempre la conoscenza, unico scudo che possa fermare le frecce avvelenate della sofferenza.
Prendo, per fare un esempio, una parte del testo scritto da un giornalista che così definisce l’affermazione di una donna che ha commentato a caldo sul caso del diciassettenne che ha sterminato tutta la sua famiglia. La donna dice: «Questi ragazzi non conoscono il valore della vita. Non sappiamo insegnargli più cos’è il bene e cosa il male». Il giornalista ha definito questa affermazione, utilizzando parole che di per sé, denunciano quel tipo di carenza di conoscenza di cui parlavo in precedenza, ha definito l’affermazione della donna “parallelismi arditi”. Ma riporto la frase completa del giornalista, per maggiore chiarezza e correttezza nei confronti di una persona che rispetto non solo come persona ma anche come professionista, il mio non vuole essere un giudizio, badate bene, ma una riflessione, giudicate voi. Il testo cita “Fuori dalla villetta di via Anzio c’è chi prova a lanciarsi in parallelismi arditi” e poi di seguito la frase della donna.
Ora, mi sapete spiegare come siano “parallelismi arditi”, il fatto di non conoscere il valore della vita o il fatto che una persona non sappia discernere il bene dal male, perché a me sembra che la signora, con le sue parole, abbia centrato bene la questione. In realtà se il diciassettenne avesse saputo e apprezzato la sua vita, ma soprattutto, avesse potuto decifrare e riconoscere ciò che provava, conoscendo la natura intima dei suoi disagi interiori e avesse avuto modo di affrontarli in modo costruttivo e avesse avuto altresì la possibilità di nutrire dei sani sentimenti per sé stesso e per la sua famiglia, mai e poi mai, si sarebbe sognato di dare seguito a quel tipo di pensieri omicidi. Altrettando dicasi di Moussa Sangare che ha ucciso a coltellate il passante che lo “ispirava di più” parole sue, in quel determinato momento.
La violenza giovanile: una realtà quotidiana
La cosa tragica è che si va a cercare chissà quale motivo per cui una persona si comporta così freddamente con il proprio prossimo, quando la verità è palesemente sotto gli occhi di tutti, ed è che quando non si sente nulla dentro di sé, e si è vuoti dentro, si diventa freddi ed insensibili a qualsiasi cosa, e in quello stato, per lenire la propria sofferenza si può fare qualsiasi cosa se non si sono interiorizzati valori morali e spirituali. Quindi due sono le cause primarie di questa ondata di violenze “senza ragione”: la prima è data essenzialmente dall’ignoranza sul valore della vita di cui ogni essere umano è portatore, e la seconda dall’esigenza impellente e sconsiderata di sopprimere la propria sofferenza interiore, pensando di cancellarla punendo le persone che si ritengono responsabili o più semplicemente scaricando la propria rabbia al di fuori di sé stessi senza criterio alcuno. Nessuno vuole soffrire, men che meno di solitudine, ma guarda il caso, nella maggior parte delle volte, gli assassini lamentano di sentirsi soli, poco o del tutto non compresi né amati, fondamentalmente ignoranti sui principi di amore per sé stessi e dei valori della vita, principi che riguardano proprio la sfera della spiritualità che si possono, anzi si debbono apprendere sin da piccoli insieme a tutte le altre nozioni che ci permettono di crescere in equilibrio come esseri umani.
Quei gesti scellerati sono motivati dalla totale mancanza di conoscenza dei principi basilari dell’amore per sé stessi e per la vita, che include ovviamente l’amore per i propri simili. La cosa tragica è che queste mie parole non sono “la scoperta del secolo”, sono cose che tutti in fondo conoscono e sanno dentro di sé. Non ci vuole certo un genio per capirlo. Ecco perché, nella mia vita, ho scelto di parlare di spiritualità, di conoscenza di sé stessi, di educazione all’amore, di educazione al rispetto, dell’importanza del nutrimento del sentimento di gratitudine, principi essenziali che riguardano la sfera dello spirito umano. Ogni adulto deve avere la possibilità di accedere a questo sapere spirituale, perché poi potrà trasmetterlo ai propri figli.
In chiusura vorrei aggiungere un piccolo particolare sul caso di Moussa Sangare, che pare abbia avuto problemi anche di droga. Quando si parla di squilibri della persona causati da abuso di stupefacenti, si entra in un’altra sfera che non riguarda esclusivamente l’aspetto dell’interiorità, ma anche medica. Quindi il gesto in sé scellerato, oltre alla quasi contemporaneità dei fatti con Strage di Paderno Dugnano, ha come base comune la sofferenza interiore che è la costante che poi spinge le persone ad abusare del proprio corpo, tramite sostanze stupefacenti, illudendosi, così facendo, di potersene liberare, mentre invece li trasformano ancora di più in prigionieri, i quali avrebbero molte più chance di non cadere in quelle trappole, se avessero l’opportunità di amarsi di più, prima di lasciarsi andare diventando un pericolo per sé stessi e per gli altri. In conclusione con questo mio podcast desidero profondamente e sinceramente, essere utile, e trovo che comprendere la dimensione spirituale della vita, coltivarla nella propria interiorità, per poi metterla in pratica nella propria vita, possa aprire alla speranza reale di una vita migliore per tutti, oltre ad aiutare a dare un significato e forse risposte ad azioni che significato sembrano non avere. Ogni strada ha il suo di significato, ogni vita è importante per l’ordine cosmico, ed ha un immenso valore per tutti, anche purtroppo le tragedie, perché ci riportano con i piedi per terra e ci spingono a farci domande importanti, su cosa abbiamo sbagliato e cosa possiamo fare meglio. Il mio è un appello a tutti quelli che credono che l’amore sia la cosa più importante nella vita. La Via del Risveglio serve proprio a questo, imparare ad amare, prima di tutto sé stessi e poi gli altri, nella speranza di un domani migliore per tutti.
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